22 aprile - Kathleen Turner in
DA SODOMA A HOLLYWOOD – 27° TORINO GLBT FILM FESTIVAL
Domenica una straordinaria Kathleen Turner in 'The Perfect Family' e l’ottantenne Enrique Pineda Carnet con 'Verde Verde'
'Bye Bye Blondie' con Béatrice Dalle e Emanuelle Béart e la partecipazione della nuova regina del pop francese Soko
Esordio di Emanuela Pirelli e delle sue 'Coccinelle'
Sarà 'The Perfect Family' ad aprire la serata dei film in concorso domenica 22 aprile, altra anteprima internazionale di questa 27a edizione del Torino Glbt Film Festival diretto da Giovanni Minerba.
Protagonista del film, una Kathleen Turner che dopo La signora ammazzatutti (1994, di John Waters) torna nei panni della madre di famiglia vittima delle sue stesse ossessioni.
Commedia divertente ma dai toni a tratti drammatici, The Perfect Family è l’ultima fatica della regista Anne Renton, ascesa alla fama nel circuito dei film Glbt nel 2007 con il suo primo cortometraggio Love Is Love, con cui ha ottenuto il Best Narrative Short Film Award all’Outtakes Dallas.
È la storia di Ellen Cleary, impicciona matriarca dei sobborghi, distintasi per la sua devozione. Quando padre Murphy (un Richard Chamberlain di nuovo in abito talare dopo Uccelli di rovo) le annuncia che è in lizza per il titolo di “cattolica dell’anno”, per lei si aprono, è il caso di dirlo, le porte del paradiso. Per ricevere il riconoscimento dovrà invitare l’arcivescovo a cena con la famiglia riunita. Peccato che suo marito sia un ex alcolizzato, la figlia, lesbica prossima al matrimonio, aspetti un bambino e il figlio sia un fedifrago impenitente. Come far combaciare l’immagine di religiosità e rispettabilità da lei costruita con una realtà molto meno edificante?
Tra i film del Concorso lungometraggi previsti domenica si segnala Verde Verde diretto dall’ottantenne Enrique Pineda Barnet, che racconta l’attrazione fatale tra Alfredo, medico della marina militare, e Carlos, prestante giovane. Il film, citando il Querelle di Fassbinder e le sue atmosfere oniriche, sensuali e claustrofobiche, segna l’atteggiamento più clemente del regime nei confronti della comunità GLBT.
«Verde Verde è un thriller psicologico in quanto tute le tensioni si consumano in termini psicologici e vengono affrontate anche da un’ottica sociologica – ha dichiarato il regista –. Il tema principale è l’omofobia, ma si collega ad altri non meno importanti, come il machismo e la malattia dell’odio; si potrebbe dire che tratta più in generale delle fobie e delle malattie. L’odio è il peggior cancro che può pervadere l’essere umano. Il film racconta di quelle persone che odiano amare, che sono un paradosso».
Nella sezione Lesbian Romance, Mai senza di te, Bye Bye Blondie della francese Virginie Despentes, la regista che ha scritto e diretto il controverso Blaise moi (Scopami) (2000). La Despentes torna a raccontarci un’altra storia al femminile tratta da un suo romanzo. Venticinque anni dopo essersi perse di vista, Gloria e Frances si ritrovano: la prima ha avuto problemi con l’alcol ed è sola, senza un lavoro e senza fissa dimora. La seconda, invece, è una nota presentatrice tv, con tanto di marito gay, sposato per salvare le apparenze. Nel loro turbolento passato, sesso, droga e una storia d’amore intensa e selvaggia: Gloria era una punk e Frances una skin. Cosa è rimasto degli anni Ottanta, della follia e della ribellione? Un C’eravamo tanto amati in chiave lesbica e rock interpretato con autoironia, voracità e impeti libertari da due dive del cinema d’oltralpe, Béatrice Dalle e Emanuelle Béart. Con la partecipazione della nuova regina del pop francese Soko che, nella parte di Gloria da giovane, sembra Siouxsie.
Per la sezione Concorso documentari, si segnala Le Coccinelle – Sceneggiata transessuale, pellicola d’esordio di Emanuela Pirelli che porta sullo schermo una storia tutta napoletana. Tonino, Gennaro, Giacinto e Genny, in arte Le Coccinelle, sono quattro artiste della canzone neomelodica in drag che si dividono tra i vicoli di Napoli, dove si prostituiscono, feste di famiglia, battesimi, comunioni e matrimoni. L’opera racconta vite, passioni e problemi dei quattro femminielli, depositari di un’arte antica e moderna, così lontana dalle drag queen, di cui è antesignana, la regista porta sullo schermo un fenomeno popolare unico nel suo genere, fatto di umanità e gioia di vivere, in cui convivono sacro e profano.