Seeyousound International Music Film Festival, Torino - Venerdì 3 Febbraio
Seeyousound International Music Film Festival di Torino, terza edizione: il programma di domani, venerdì 3 gennaio, al Cinema Massimo. Oltre alle proiezioni ricordiamo l' appuntamento da non perdere della giornata: quello dell’ Hiroshima Mon Amour, con il concerto intitolato 'Chiedi chi era Gigi Restagno' con brani eseguiti da Samuel agli Statuto, dai Fratelli di Soledad a Marco Ciari,Slep, Alex Loggia, Cato Senatore, da Tommy De Chirico a Dana e i Maestri agli Eazycon.
Adfarmchias per Seeyousound Festival
presenta:
Seeyousound International Music Film Festival
terza edizione
Torino - Cinema Massimo
dal 27 gennaio al 4 febbraio 2017
Programma di domani, venerdì 3 gennaio
Ottavo e penultimo giorno per Seeyousound con quattro Long Play in concorso: The violin Player che insieme al regista presente in sala Bauddhayan Mukerji e alla produttrice Mona Lisa Mukerji, racconta di un violinista fallito al quale capita una occasione imperdibile. Segue Beatboxcon la presenza dell’attore principale Curtis Cook, dove un musicista e dj di Brooklyn partecipa ad una competizione di beatbox che potrà cambiargli la vita. Everything is broken up and dancesracconta la storia di un soldato, che dopo essersi risvegliato da un attentato si crede una rockstar. Alla fine del film il regista Noni Geffen sarà in sala per rispondere alle domande e alle curiosità del pubblico. Ultimo film per la sezione Long Play dei lungometraggi in concorso Oleg y Las Raras Artes, che ci farà conoscere l’eccentrica figura del compositore russo di musica per film Oleg Nikolaevitch Karavaychuk.
Per la rassegna dei Trans-Global Express, Fonko ci condurrà in un viaggio nella grande rivoluzione culturale che sta avvenendo in Africa per poi passare alla Isla Bonita con Havana Club Rumba Session: la Clave, dove incontreremo il cuore della rumba.
Per quanto riguarda la rassegna di Into the Groove, avremo l’occasione di riguardare l’anteprima italiana di Born to Be Blue e di ritornare nella Korea del Nord insieme ai Laibach con il film d’apertura del festival, Liberation Day.
Tutti i film in programma sono preceduti dalla proiezione di uno dei Soundies in concorso.
Alle ore 22.00 il Lindy Hop Release Party al Jazz Club, serata abbinata al film Born To Be Blue.
Ultimo appuntamento da non perdere della giornata è quello dell’ Hiroshima Mon Amour dove in collaborazione con Seeyousound ci sarà uno specialissimo concerto intitolato Chiedi chi era Gigi Restagno. Nel gennaio del 1997, se ne andò il dio malinconico del rock italiano: Gigi Restagno. Conosciuto dal grande pubblico per due sue canzoni, Coriandoli a Natale e SullaStrada, interpretate rispettivamente da Subsonica e Fratelli di Soledad è stato una delle figure importanti e fondanti della storia delle musica torinese. Non scriveva solo bene, si muoveva bene, aveva stile sempre, sia su vinile che su un palco, o alla direzione della leggendaria Radio Flash. Tanto che per molti è stato la prima e unica rockstar di questa città. Così Seeyousound e Hiroshima si sono detti che se uno vive a Torino e vive la musica deve sapere chi era Gigi Restagno e se non lo sa, deve chiedere. La risposta sarà proprio in questo concerto, con brani eseguiti da alcuni amici: da Samuel agli Statuto, dai Fratelli di Soledad a Marco Ciari,Slep, Alex Loggia, Cato Senatore, da Tommy De Chirico a Dana e i Maestri agli Eazycon. Mentre in Sala Majakoskij si terrà il concerto, in Sala Modotti verrà proposto in loop il documentario The beautiful loser. Una vita apparentemente normale di Diego Amodio (2014). L’ingresso libero. Sarà possibile fare una offerta per la neonata associazione di un altro straordinario personaggio recentemente scomparso, l’Associazione Culturale Carlo U. Rossi.
Qualche segnalazione della giornata:
ore 20.30, Sala 2
Trans-Globa Express
Fonko di Lamin Daniel Jadama, Lars Lovén, Göran Hugo Olsson
“The great music revolution of today takes place in Africa” (“La grande rivoluzione musicale di oggi sta avvenendo in Africa”): è la voce di Neneh Cherry che ci introduce al viaggio che stiamo per intraprendere attraverso l’intero Continente in cui scopriremo l’hip hop della Nigeria, il reggae e il rap del Sud Africa, ma anche stili completamente nuovi, come la musica dance underground angolana: il kuduro. Incontriamo gli artisti, i blogger e i produttori più brillanti, che sono sì stelle emergenti, ma anche artisti consapevoli che hanno interiorizzato una nuova fiducia in se stessi dopo decenni di decolonizzazione. Sono coscienti dell’importanza della liberazione dalla mentalità coloniale e l’esperienza dell’oppressione ha reso la loro musica impertinente e sfacciata, così da esorcizzare la morte, mettendo in connessione la storia passata con il futuro, mantenendo le proprie radici sia nel locale che nel globale, usando strumenti elettronici ma anche tradizionali per incanalare la rabbia in una fusione di energie. E proprio come il ritmo ipnotico della sua colonna sonora, il documentario pulsa di immagini e colori vivi stampando sullo schermo enormi titoli in un montaggio serrato, tanto vibrante quanto l’intero continente africano.
Co-diretto da Göran Hugo Olsson (award-winner al Sundance 2011 con “The Black Power Mixtape 1967-1975”), Lamin Daniel Jadama e Lars Lovén, Fonko mantiene intatto l’intenso stile “collage” del regista e lo applica a questo soggetto pieno di groove (ma non meno carico politicamente), la nuova musica panafricana. Fonko è uno dei più freschi documentari dell’anno, orgogliosamente afro-centrico, che arriva alla radice stessa della natura della musica come potente strumento di cambiamento sociale e politico!
ore 20.00 Sala 3
Soundies, Robin Shulz - Sugar
Into the Groove
Born To Be Blue di Robert Budreau
Anteprima italiana
Un frammento della vita del jazzista Chet Baker, quello più importante. Il ritorno sulle scene dopo un’assenza prolungata. Una fase critica, creativa, tormentata. Un Ethan Hawke sopra le righe, supportato da un cast ben diretto da Budreau.
Un racconto intimo e lirico, come il jazz suonato da Baker. Il jazzista americano ha sempre dovuto lottare per emergere al cospetto dei grandi trombettisti black, Miles Davis in particolare. La sua musica, lo dicono gli esperti, non è mai stata all’altezza dei grandi della tromba, ma ciò che ha reso unico il jazz di Baker è la sua voce. Una voce calda e dolce, delicata e innocente, un unico nella storia del jazz. Hawke ha trovato molte affinità con Baker. Entrambi hanno ottenuto grandi riconoscimenti all’inizio della loro carriera, entrambi hanno dovuto lottare per riconquistare il successo. Baker, dopo aver sfondato quando aveva 20 anni, si è ritrovato ai margini dell’industria musicale a causa della sua dipendenza e dopo un infortunio ai denti che lo ha costretto a imparare di nuovo a suonare. Hawke invece è entrato
nello star system giovanissimo, a 18 anni, grazie alla sua interpretazione in Dead Poets Society (1989); tanti, da allora, hanno sempre paragonato l’Hawke che vedevano sullo schermo con l’Hawke di quel film.
Entrambi gli artisti hanno dovuto lottare per emergere dall’ombra e conquistarsi la propria unicità lontano dai paragoni. Entrambi hanno dovuto reinventarsi e cambiare per far vivere la loro arte. Chet, nonostante il malessere, nonostante la maledizione, ha continuato ad affascinare e a stregare musicisti e ascoltatori no ad oggi, anche se non ha mai trovato la pace.
ore 22.30 Sala 2
Soundies, Bastille – Good Grief
Trans-Global Express
Havana Club rumba Sessions: la Clave di Charlie Inman
Questo documentario, diretto da Charlie Inman, è l’ultimo capitolo della relazione di lunga data tra Gilles Peterson, DJ e giornalista della BBC attento ai suoni globali, e la musica di Cuba.
Peterson già dal 2009 si avventurò nell’isola caraibica per esplorare il ”beat perfetto”, giungendo alla scoperta di una scena indipendente molto fertile, fatta di artisti innovativi che mischiano jazz, soul, elettronica, hip hop e ritmi tradizionali. Havana Club Rumba Sessions: La Clave vede Gilles Peterson, insieme al suo vecchio amico Ade Egun Crispin Robinson, narrare la storia del valore della Rumba in un luogo in cui un passato scrupolosamente preservato è da tempo stato affiancato all’innovazione. Fortemente rispettato sia dalla comunità di percussionisti spirituali dell’isola, sia come musicista in Gran Bretagna, Gilles viene messo in contatto da Robinson con
le personalità chiave appartenenti a varie generazioni di musicisti cubani. Accompagnati nel loro viaggio da Daymé Arocena, una delle stelle della scena musicale cubana contemporanea, tracciano i percorsi della Rumba spaziando dalle tradizionali pratiche di percussione spirituale delle comunità di schiavi, preservate fino ad oggi da danzatori e musicisti, fino alle generazioni
più giovani che hanno ricontestualizzato gli elementi della Rumba per loro più interessanti. La storia della Rumba, intrinsecamente legata al commercio degli schiavi, intreccia in modo unico gli stili dell’Africa occidentale e della musica iberica. Moltissime istituzioni religiose africane con radici in Congo, Nigeria, Benin e Camerun (come Ifa, Ekpe e Nkisi), vengono rideclinate a Cuba
come Lukumi (Santeria), Palo, Abakua e Arara. Il film racconta e riunisce le realtà religiose e sociali portate dalla diaspora Africana, sottolineando quanto i ritmi contemporanei fondamentali della club music abbiano una forte e complessa connessione con queste dimensioni.
Non ci sorprende vedere Peterson trovare connessioni che erano state precedentemente trascurate: “L’influenza della Rumba è dappertutto.”
ore 22.30 Sala 3
Soundies, Verdena – Contro la ragione
Into the Groove
Liberatio Day di Uģis Olte e Morten Traavik
Anteprima italiana
La prima rockband ad essersi mai esibita in Corea del Nord è una band slovena, che nasce jugoslava (all’indomani della morte di Tito). Da sempre al centro di polemiche per l’uso sfrontato di un’estetica nazifascista, da sempre oppongono uno strenuo rifuto ad essere identificati con qualcosa, anche solo un genere musicale definito, si tratti di rock, pop, industrial o techno. Si definiscono “specialisti di anime”. Sono i Laibach.
Sotto la guida - registica e diplomatica - di un fan di vecchia data, si apprestano a liberare le loro canzoni di fronte ad un pubblico totalmente digiuno di rock’n’roll e ignaro del suo potere, affrontando l’ideologia del regime, la ferrea censura e le differenze culturali. Sono qualcosa di completamente diverso da tutto ciò che i Nordcoreani possano aver mai visto, eppure hanno qualcosa di familiare nello stile, nell’immaginario, nella musica, qualcosa che li avvicina alle parate
militari e agli arrangiamenti orchestrali solenni e pomposi. In realtà, anche nei testi, se si guarda ai loro vecchi successi con le cover di “Life is life” o “One Vision”, si scorgono frasi che potrebbero essere tratte dal programma del Partito dei Lavoratori di Corea. Anche questo è paradosso, e con
il paradosso inizia lo smantellamento delle certezze. La loro cifra è precisamente questa: plagiare il linguaggio estetico dei totalitarismi, creare parallelismi tra arte e potere, rendersi specchio di una realtà per decostruirla, boicottare la manipolazione adottando i suoi medesimi strumenti. Slavoj Zizek ha detto di loro che le sembianze fasciste che ci turbano sono da guardare con favore proprio perché non sono “satira”, quanto piuttosto un modo tremendamente serio di incarnare il potere brutale che si annida in ogni forma di governo che si ammanti di un’apparente razionalità.
Si tratta per l’appunto di una “liberazione”, una sorta di reazione dello spettatore - occidentale o nordcoreano - anche nei confronti della propria visione del mondo. Sarà almeno libero di chiedersi se sia davvero convinto di sapere come stanno le cose.
Info: http://www.seeyousound.org/