Tum #dalvivo 08 aprile: Rhabdomantic Orchestra + Blak Saagan + Alek Hidell
Tum #dalvivo 8 aprile, Rhabdomantic Orchestra + Blak Saagan + Alek Hidell: tre concerti, tre storie differenti in una notte unica al Bunker, Torino. Torna la Rhabdomantic Orchestra e presenta il nuovissimo Almagre, in uscita a maggio 2022 per la tedesca Agogo Records (!K7). L’album è frutto dell’incontro con la musicista e cantante colombiana Maria Mallol Moya. Blak Saagan viene dalla scuderia Maple Death Records, una garanzia per un certo tipo di genere: pronti per un viaggio tra kosmische kraut e post-punk industriale. Infine Alek Hidell, tra divagazioni psichedeliche, suoni prog anni settanta e cassa dritta.
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Tum Torino ufficio stampa
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Tum #Dalvivo
Venerdì 8 aprile 2022, ore 21
Rhabdomantic Orchestra - Blak Saagan - Alek Hidell
Bunker, Torino
Tre concerti, tre storie differenti in una notte unica.
Torna la Rhabdomantic Orchestra e presenta il nuovissimo Almagre, in uscita a maggio 2022 per la tedesca Agogo Records (!K7). L’album è frutto dell’incontro con la musicista e cantante colombiana Maria Mallol Moya, un’esperienza travolgente! Blak Saagan viene dalla scuderia Maple Death Records, una garanzia per un certo tipo di genere: pronti per un viaggio tra kosmische kraut e post-punk industriale. Infine Alek Hidell, tra divagazioni psichedeliche, suoni prog anni settanta e cassa dritta. Buon viaggio!
Bio
Rhabdomantic Orchestra
“𝘓𝘢 𝘣𝘦𝘢𝘶𝘵𝘦́ 𝘴𝘦𝘳𝘢 𝘤𝘰𝘯𝘷𝘶𝘭𝘴𝘪𝘷𝘦 𝘰𝘶 𝘯𝘦 𝘴𝘦𝘳𝘢 𝘱𝘢𝘴” - Breton
A 6 anni dall'uscita di Albore, ritorna il collettivo Rhabdomantic Orchestra di Manuel Volpe con un nuovo album frutto dell'incontro con la musicista e cantante colombiana Maria Mallol Moya. “Almagre” è una sorta di romanzo in musica ispirato all'estetica surrealista e al realismo magico sudamericano. Ambientato in un Mediterraneo immaginario, crocevia di incontri e scontri tra culture, rosso come il sangue di cui continua a tingersi, Almagre è un album viscerale, reazionario, spirituale eppure politico che segna un cambio di rotta dal senso di purificazione del precedente lavoro verso una continua tensione al sublime. Dopo l'allusione al bianco di Albore, è il momento di “Almagre” una parola arabo-ispanica utilizzata per nominare il colore rosso ottenuto dall'ossido di ferro. L'album è stato composto e diretto da Manuel Volpe con l'intento di creare una Babele musicale fatta di contrasti di linguaggi e suggestioni attraverso un forte approccio narrativo all'orchestrazione. Ogni episodio si sviluppa in linearità attraverso la sovrapposizione di figure cicliche dove gli strumenti, come personaggi, si muovono in continuo scambio con l'eclettica voce di Maria suggerendo tensioni, luoghi e azioni. “𝘊𝘪𝘰̀ 𝘤𝘩𝘦 𝘮𝘪 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘦𝘴𝘴𝘢 𝘦𝘴𝘱𝘭𝘰𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘙𝘩𝘢𝘣𝘥𝘰𝘮𝘢𝘯𝘵𝘪𝘤 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘭𝘦 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘪𝘣𝘪𝘭𝘪𝘵𝘢̀ 𝘦𝘷𝘰𝘤𝘢𝘵𝘪𝘷𝘦 𝘦 𝘯𝘢𝘳𝘳𝘢𝘵𝘪𝘷𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭'𝘢𝘳𝘳𝘢𝘯𝘨𝘪𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘰, 𝘳𝘢𝘨𝘨𝘪𝘶𝘯𝘨𝘦𝘳𝘦 𝘶𝘯𝘢 𝘴𝘰𝘳𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘳𝘦𝘢𝘭𝘪𝘴𝘮𝘰 𝘮𝘢𝘨𝘪𝘤𝘰 𝘪𝘯 𝘤𝘶𝘪 𝘪𝘭 𝘱𝘰𝘵𝘦𝘳𝘦 𝘪𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘪𝘧𝘪𝘤𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘮𝘶𝘴𝘪𝘤𝘢 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘢 𝘣𝘢𝘴𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘢 𝘴𝘦́ 𝘴𝘵𝘦𝘴𝘴𝘰” (Manuel Volpe). Afrobeat, spiritual jazz, salsa, melodie del mediterraneo, derive kraut rock, library music sono solo alcuni degli ingredienti utilizzati, condensati e rimescolati con lo scopo di restituire una visione fluida di ciò che comunemente chiamiamo world music. “Almagre” è stato registrato e mixato da Volpe al Rubedo Recordings di Torino, il master è ad opera di Kelly Hibbert (J Dilla, Madlib, Hiatus Kayote) mentre l'artwork è dell'illustratore collagista Beppe Conti. Hanno partecipato alla realizzazione musicisti del calibro di Marco Zanotti (Classica Orchestra Afrobeat), Fabio Mina, Zevi Burdovach (Andrea Lazlo De Simone, Francesco Bianconi), Maria Mallol Moya (Gianni Giublena Rosacroce, Lame), Andrea Benini (Mop Mop), Simone Pozzi (Movie Star Junkies). L'album uscirà a Maggio 2022 per la tedesca Agogo Records (!K7). Musicisti: Maria Mallol Moya (vocals) Manuel Volpe (bass) Simone Pozzi (drums, percussions) Juan Carlos Calderin (percussions) Gianandrea Cravero (guitar) Nicola Meloni (hohner organ, electric piano) Maurizio Busca (tenor sax, clarinet and bass clarinet) Simone Garino (alto sax) Diego Grassedonio (baritone sax, flute) Stefano Cocon (trumpet, flugelhorn).
Blak Saagan
Con base ai margini della laguna veneziana, Samuele Gottardello (in arte Blak Saagan), realizza da anni la propria library music unendo la tradizione delle colonne sonore psichedeliche italiane degli anni 60/70 con la musica elettronica, ambient e drone, sviluppando paesaggi kosmische kraut e post-punk industriali. Mentre il suo primo disco A Personal Voyage esplorava lo spazio, influenzato dal lavoro del cosmologo Carl Sagan, Blak Saagan, con il suo ultimo concept album, Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo, porta gli ascoltatori in una direzione completamente diversa. Li prende per mano e li porta a rivivere una delle pagine più tristi e oscure della storia italiana: il rapimento di Aldo Moro da parte dei terroristi delle Brigate Rosse, nel 1978. Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo è uno storytelling in tredici capitoli-canzoni, un viaggio tra echi di Brian Eno, Ennio Morricone, John Carpenter, Kosmische Kraut, Egisto Macchi, Daniela Casa, Goblin e Library Music. L’anno degli accadimenti narrati nel doppio album di Blak Saagan è il 1978, una sorta di anno spartiacque, in cui si trovavano a convivere musica psichedelica, elettronica e post-punk, elementi principali di Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo. Ogni brano si collega alla vicenda e prende spunto dagli accadimenti trascorsi durante quei 55 giorni, dall’aggressione alla scorta e rapimento di Moro al ritrovamento del suo corpo nel bagagliaio di una Renault 4. Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo è la colonna sonora di un film che ancora non è stato girato. Si trovano riferimenti ai personaggi che popolarono quelle tragiche giornate, alle lettere che Moro scrisse durante la sua detenzione, alle comunicazioni delle BR, alle trattative ed al ruolo incerto dei servizi segreti. Il titolo è tratto da un brano dell’ultima lettera di Aldo Moro scritta durante la propria prigionia. Egli, ormai consapevole di essere oggetto della condanna a morte da parte dei suoi sequestratori, dichiara: “Vorrei capire come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce sarebbe bellissimo”. Quel “se” condizionale, detto da un uomo di Chiesa, esprime un dubbio del tutto umano, struggente ed universale. Un dubbio che inspira e che chiude (o non chiude) la storia che Blak Saagan racconta. Una storia lineare, con un inizio ed una fine, ma che si prende momenti per deviare nell’oscuro, nel nascosto, nel segreto. Nella sua opera Blak Saagan mescola fatti accertati con verità presunte, istantanee ancora secretate di una tragica vicenda e fatti di cronaca acclarati. L’album non ha la pretesa di essere la cronistoria di un avvenimento mai del tutto chiarito, ma è una personale visione del dramma di Aldo Moro narrata seguendo un percorso che va sempre più in profondità, con momenti di tensione, momenti di suspense, passaggi sognanti che offuscano la realtà e rulli di tamburi che echeggiano l’iperrealtà. Registrato nel corso di due anni utilizzando un organo Farfisa Vip 205, drum machine Roland TR-606 e 505, un sintetizzatore Siel Orchestra, un Moog Model D e vari effetti analogici, i quattro lati del doppio LP sono il più densi possibile. Commoventi fin dall’iniziale loop di immagini che suscita la kraftwerkiana “Convergenze Parallele”, seguiti dal sintetizzatore a sangue freddo di "Scuola Hyperion" e “Achtung Achtung”, che risuonano, rispettivamente, di percussioni post punk e di malinconiche atmosfere euro-pop. “L’uomo Incapucciato” esalta il dramma della vicenda, rieccheggiando la colonna sonora dei Goblin per L’Alba dei Morti Viventi, mentre “Ore 9: Attacco al Cuore dello Stato” è un brano in puro stile colonna sonora di film poliziottesco, con gong, percussioni ed elementi orchestrali che raggiungono vette di suspense morriconiana. In "E Lo Spettro Disse: Gradoli" flauti celestiali si intrecciano e portano avanti l'estatica eredità terrestre dei maestri italiani Alessandro Alessandroni, Egisto Macchi e Piero Umiliani. Nei brani “Dentro la Prigione del Popolo" e ”La Firma Del Legionario" si trovano decisamente richiami a John Carpenter e a quell'incrocio che, nell’anno spartiacque 1978, si concretizzò tra musica post-punk, letteratura fantascientifica, new wave e minimalismo. L’album si conclude con la maestosa title-track di 8 minuti, Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo, che si eleva a momento di catarsi, dipingendo un mondo libero da ogni costrizione ritmica dove il mistico danza con l'ignoto e dove la luce ha finalmente il permesso di invadere e permeare la realtà.
Alek Hidell
Alek Hidell è un producer e musicista sardo trapiantato a Milano. Nella sua musica, nel giro di pochi brani, l’hip hop astratto lascia il posto a pezzi in cassa dritta o a divagazioni psichedeliche su ritmi kraut. È in grado di giocare con suoni prog anni settanta e library music à la Umiliani e Piccioni ma anche di contaminare il suo suono con riferimenti afro e balearic. Riuscendo sempre ad assomigliare solo a se stesso. Dopo l’uscita del suo primo singolo, Dinghy (su Bad Panda Records), Alek Hidell ha appena finito di registrare il suo primo disco. Produce le sue tracce usando campionatori, eco a nastro e synth analogici. Ha collaborato a DIE di Iosonouncane, registrando synth e sampling in due brani dell’album, e realizzato remix per Any Other, Matilde Davoli, Iosonouncane, Indianizer, Neeva.
Info:
Ingresso € 10
Apertura porte ore 21 - Inizio concerti ore 21.30
Bunker, via Paganini 0/200 Torino