COLLISIONI - lunedì 21 luglio, Barolo: NEIL YOUNG & CRAZY HORSE in concerto
A seguito delle positive critiche raccolte dal doppio album "Psychedelic Pill" e dallo straordinario successo conseguito dal Tour Mondiale del 2013, Neil Young & The Crazy Horse ritornano in Europa nel mese di luglio ed agosto 2014 per una manciata di date, tra cui Barolo.
NEIL YOUNG con i CRAZY HORSE
Qualcuno ha detto che il passato è solo l’inizio. Ma il prologo acustico di “Driftin’ Back”, l’epica (epica sul serio...dura 27 minuti!) canzone di apertura di PSYCHEDELIC PILL, il nuovo album di NEIL YOUNG e i CRAZY HORSE , conferisce contemporaneità a tutto il lavoro. Neil Young è un artista che vive sempre nel momento attuale, con i piedi ben radicati per terra, rinnovando la collaborazione con la band con cui ha condiviso la parte più robusta, potente e spontanea della sua eccezionale carriera.
È da questa solida base che Neil Young si imbarca in un viaggio nel passato – un po’ alla deriva forse, ma con uno scopo. Il sipario acustico si abbassa, entra la tipica chitarra elettrica di Young con un passo baldanzoso, unita al flessuoso accompagnamento dei CRAZY HORSE – il chitarrista Poncho Sampedro, il bassista Billy Talbot ed il batterista Ralph Molina , così come si sono formati nel 1975 – quando il cantante si muove attraverso una sequenza di scenari e impressioni diverse.
Gesù, Maharishi e Picasso compaiono nel brano, con Young che puntualizza come le immagini ed i messaggi a loro associati siano invariabilmente corrotti e fraintesi, temendo che anche il suo di messaggio e la sua arte siano stati corrotti e sviliti dalla tecnologia che ha reso tutto più accessibile. “Quando ascolti una mia canzone adesso/ ne comprendi solo il 5%” canta Neil Young. “Di solito si capiva tutto”, insiste, ma questo “riesce a tagliare fuori la mia rabbia”.
Di sicuro però non taglia fuori il suo ardore ed il suo desiderio. Non che lo abbia mai fatto, per altro.
Facendo seguito all’altro recente album coi Crazy Horse, Americana – una reinterpretazione di brani tradizionali nord-americani – PSYCHEDELIC PILL fruga in brani già sperimentati con la band, ma mai approfonditi. Dalla musica emerge una nuova struttura, dai testi nuovi paesaggi.
Con il ritmo incalzante e vorticoso della title track Neil Young rende omaggio allo spirito rock’n’roll più puro attraverso un ragazza vestita di lustrini e “in cerca di divertimento”. “Non c’è notte buia che non si possa illuminare” scrive Young in una breve nota introduttiva alla canzone.
“Ramada Inn” è una sorta di ode elegiaca che dipinge un’altra fetta di vita: una coppia durante un breve viaggio, più innamorata che mai, anche dopo “tutto questo tempo, gli alti e i bassi / le tante gioie per crescere quei ragazzi”. L’introduzione spiega che “ricordando il tempo trascorso, ci si sofferma a contare gli amici”, ma forse i prolungati e languorosi assoli di chitarra di Young descrivono le vite ritratte meglio di mille parole.
“Born in Ontario” offre ulteriori dettagli e nuove prospettive al tema esplicitamente autobiografico che ci riconduce a “Helpless”, con una andatura contadina strascicata che evidenzia un brano folk suonato all’organo, attraverso ricordi del padre scrittore che si ritrovano in tutta la vita di Neil Young: “mi piace ancora cantare canzoni felici / ma ogni tanto quando le cose vanno storte / potrei prendere in mano una penna e scarabocchiare su una pagina cercando di dare un senso alla mia collera interiore” (tra l’altro, Young è stato nominato ufficiale dell’Order Of Canada nel 2009).
“Twisted Road” è un gioioso ringraziamento ad alcuni di coloro che hanno ispirato (e continuano ad ispirare) Neil Young, Bob Dylan in primis (“come Hank William che, masticando una gomma, / mi chiede come me la passo”)
“She’s always dancing” dimostra ancora una volta la frequentazione di Young con la sua palese musa.
“For the love of man” incanala tale frequentazione in un senso di meraviglia e di curioso girovagare tra la nostra specie e la grandezza della vita.
Poi “Walk like a Giant” ci riconduce ad un animato predicatore, a lui stesso, che è sempre in grado di onorare tale senso di meraviglia tenendosi “aggrappato al suo pensiero / e ricordandosi come ci si sente”.
E lungo il percorso si capisce il senso del tutto. La mera forza sonora e la presenza stessa della musica è un elemento considerevole di per sé. Prodotto da Young e da John Hanlon con Mark Humphreys agli Audio Casa Blanca nel Broken Arrow Ranch di Young (tranne quell’intro acustico, registrato a Kamuela, Hawaii) l’album porta con sé un vivida immediatezza, una purezza rara oggi da trovare. Le sessioni sono state registrate su un nastro analogico da due pollici per venire poi mixate, sempre analogicamente, su un due tracce prima di essere trasferite nel formato digitale più sofisticato. Per coloro che apprezzano la qualità del suono quanto Young (per quanto non tema la tecnologia, dato che ha pure messo a punto un nuovo sistema di alta-fedeltà audio chiamato PONO), è un trattamento impareggiabile.
Non è però solo un semplice punto di vista da audiofilo. Il suono è necessario per rendere ciò che comunica. Che ovviamente è il centro di tutto.
A Neil Young non sono mancate recentemente le occasioni per dare uno sguardo indietro alla sua carriera.
In primo luogo la nuova autobiografia “Waging heavy peace”, ma più ancora i ricordi intessuti nei film concerto di Jonathan Demme (il terzo, “Neil Young Journeys”, pubblicato la scorsa estate) o nei brani di “Le Noise”, l’album del 2010 prodotto con Daniel Lanois, in cui si esploravano episodi della sua vita con cruda franchezza. Per non menzionare l’acclamata reunion con Stephen Stills e Richie Furay per il Buffalo Springfield tour del 2011. E, ovviamente, c’è stato anche il ricchissimo cofanetto Neil Young Archives Vol. 1: 1963 – 1972.
In molti modi, quindi, PSYCHEDELIC PILL chiude il cerchio di una serie di approfonditi lavori su una tematica prevalentemente autobiografica. Sebbene possa sembrare poco lungimirante, probabilmente completa tutto ciò che ha fatto finora, da “I am a child” e “Sugar Mountain” attraverso “Tonight’s the night” e “Rust never sleeps” fino a “Sleeps with angels” e “Greendale”. Ma forse anche questa non è altro che una falsa prospettiva. Non chiude nessun cerchio, non riassume nulla, è solo una continuazione.